»Statuae nec in toto mutae sunt, quando a furibus percussae custodes videntur tintinnibus ammonere.«. Cassiodoro (Variae VII, 13)
La storia dei beni culturali e indissolubilmente legata a quella... delle guerre e dei conflitti armati. Se da un lato le guerre rappresentavano un mezzo per l'ampliamento del territorio nazionale e la neutralizzazione di popoli nemici, le ritorsioni contro i beni culturali di questi ultimi avevano una valenza principalmente simbolica ed economica. Deturpare i segni di una cultura significava esprimere il proprio disprezzo e superiorità nei suoi confronti. Oltre a ciò, il patrimonio culturale del paese vinto e occupato rappresentava il bottino di guerra dei vincitori e parte della ricompensa per i soldati.
Prima dell'ottocento, i beni culturali di valore (in oro o in argento) e le opere d'arte erano soggetti a preda bellica, danneggiati nei combattimenti o usati come risarcimento dei danni di guerra.[1] L'interesse da parte della Comunità internazionale nei confronti dei beni culturali e perciò maturato parallelamente al susseguirsi dei conflitti e dei loro effetti devastanti. La disciplina della protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato e stata codificata in varie convenzioni, dalla fine dell'ottocento fino ai nostri giorni.[2]
Nel 1833 fu emesso il regolamento piemontese Albertino (di re Carlo Alberto) e nel 1863 negli Stati Uniti le Lieber's instructions. Questi due documenti non si occupano sostanzialmente della difesa dei beni culturali come di una categoria speciale e a parte, introducono pero alcuni principi fondamentali da osservare durante i conflitti (per es. il divieto di saccheggio) che serviranno più avanti come modello ai regolamenti militari di molti paesi d'Europa. Lo zar Alessandro II di Russia nel 1874 aveva ripreso, infatti, proprio le Lieber's Instructions nella Dichiarazione di Bruxelles, proponendo che tutti i regolamenti militari dei popoli civili da lì in avanti adottassero quelle norme, entrate poi nel diritto consuetudinario della guerra. I tempi per un tale progetto non erano ancora maturi e nessun capo di Stato europeo volle essere il primo a firmare la Dichiarazione senza l'assicurazione di rigide condizioni di reciprocità. Fu invece istituito un comitato internazionale di giuristi, incaricato di studiare le regole della guerra da proporre ai regolamenti militari. I lavori del comitato si conclusero nel 1880 con il Manuale di Oxford riguardante le leggi e gli usi della guerra terrestre, destinato a fare da esempio per i futuri regolamenti in materia.[3]
Il 29 luglio 1899 venne approvata la Convenzione dell'Aja sugli usi della guerra terrestre, che prevedeva l'obbligo di provvedere con misure di sicurezza adeguate alla salvaguardia di edifici consacrati (ai culti, alle arti ed alle scienze) e di monumenti storici, se non venivano al contempo usati per scopi militari. La convenzione proibiva categoricamente ogni furto, saccheggio o razzia e vietava di attaccare o bombardare centri urbani privi di difese.[4] Ben 55 anni più tardi venne approvata la Convenzione dell'Aja per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato (il 14 maggio 1954), che introdusse tre nuovi concetti: Il bene culturale non appartiene né allo Stato né all'individuo che lo detiene, ma all'umanità intera e per essa deve essere protetto e conservato;il bene culturale non e più oggetto di saccheggio o moneta di scambio (per il pagamento dei danni di guerra), ma e anch’esso una vittima della guerra;il bene culturale deve essere identificato con una segnaletica internazionale unificata (Scudo blu, ripetuto tre volte).[5]
Assieme alla convenzione venne introdotto anche un Regolamento (definisce le regole per l'iscrizione nel registro internazionale dei beni culturali sotto protezione speciale) ed un Protocollo (stabilisce le norme che impediscono l'esportazione illecita di beni dal territorio occupato e regolano le richieste di restituzione una volta cessate le ostilità). Il Secondo Protocollo alla convenzione venne poi approvato nel 1999 con lo scopo di migliorare la protezione ed istituire una protezione rinforzata per alcuni tipi di beni culturali. Riguardo ai beni culturali nell'ambito internazionale, si e progressivamente venuta a formare una distinzione tra la tutela in tempo di guerra e la tutela in tempo di pace.[6] Mentre la prima venne introdotta nei testi dei regolamenti militari gia secoli fa, la seconda fece la propria apparizione con il diffondersi dell'idea, che gli Stati debbano poter proteggere i propri beni culturali ancora prima che il conflitto abbia inizio, per poter avere una tutela efficace. Durante la prima guerra mondiale si e constatato infatti, che i monumenti hanno subito danni molto più gravi nei Paesi in guerra dall'inizio, che in quelli subentrati nel conflitto più tardi, avendo questi più tempo per prepararsi.
In tempo di pace sono attuali principalmente i problemi in campo di traffico illecito di opere d'arte, di restituzione dei beni trafugati o illecitamente esportati e della protezione di patrimoni culturali specifici (archeologico, sommerso, ecc.). In ordine cronologico queste problematiche vengono affrontate dai seguenti documenti internazionali:
- 1969: Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico
- 1970: Convenzione UNESCO sui mezzi per impedire e vietare l'importazione, l'esportazione e il trasferimento illecito di beni culturali
- 1972: Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale- 1982: Convenzione di Montego Bay sulla protezione del patrimonio culturale sommerso
- 1985: Convenzione per la salvaguardia del patrimonio architettonico d'Europa
- 1995: Convenzione UNIDROIT sui beni culturali rubati o illecitamente esportati
- 2001: Convenzione UNESCO sul patrimonio culturale sommerso
- 2001: Dichiarazione sul patrimonio culturale sottomarino del Mar Mediterraneo
Prima dell'ottocento, i beni culturali di valore (in oro o in argento) e le opere d'arte erano soggetti a preda bellica, danneggiati nei combattimenti o usati come risarcimento dei danni di guerra.[1] L'interesse da parte della Comunità internazionale nei confronti dei beni culturali e perciò maturato parallelamente al susseguirsi dei conflitti e dei loro effetti devastanti. La disciplina della protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato e stata codificata in varie convenzioni, dalla fine dell'ottocento fino ai nostri giorni.[2]
Nel 1833 fu emesso il regolamento piemontese Albertino (di re Carlo Alberto) e nel 1863 negli Stati Uniti le Lieber's instructions. Questi due documenti non si occupano sostanzialmente della difesa dei beni culturali come di una categoria speciale e a parte, introducono pero alcuni principi fondamentali da osservare durante i conflitti (per es. il divieto di saccheggio) che serviranno più avanti come modello ai regolamenti militari di molti paesi d'Europa. Lo zar Alessandro II di Russia nel 1874 aveva ripreso, infatti, proprio le Lieber's Instructions nella Dichiarazione di Bruxelles, proponendo che tutti i regolamenti militari dei popoli civili da lì in avanti adottassero quelle norme, entrate poi nel diritto consuetudinario della guerra. I tempi per un tale progetto non erano ancora maturi e nessun capo di Stato europeo volle essere il primo a firmare la Dichiarazione senza l'assicurazione di rigide condizioni di reciprocità. Fu invece istituito un comitato internazionale di giuristi, incaricato di studiare le regole della guerra da proporre ai regolamenti militari. I lavori del comitato si conclusero nel 1880 con il Manuale di Oxford riguardante le leggi e gli usi della guerra terrestre, destinato a fare da esempio per i futuri regolamenti in materia.[3]
Il 29 luglio 1899 venne approvata la Convenzione dell'Aja sugli usi della guerra terrestre, che prevedeva l'obbligo di provvedere con misure di sicurezza adeguate alla salvaguardia di edifici consacrati (ai culti, alle arti ed alle scienze) e di monumenti storici, se non venivano al contempo usati per scopi militari. La convenzione proibiva categoricamente ogni furto, saccheggio o razzia e vietava di attaccare o bombardare centri urbani privi di difese.[4] Ben 55 anni più tardi venne approvata la Convenzione dell'Aja per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato (il 14 maggio 1954), che introdusse tre nuovi concetti: Il bene culturale non appartiene né allo Stato né all'individuo che lo detiene, ma all'umanità intera e per essa deve essere protetto e conservato;il bene culturale non e più oggetto di saccheggio o moneta di scambio (per il pagamento dei danni di guerra), ma e anch’esso una vittima della guerra;il bene culturale deve essere identificato con una segnaletica internazionale unificata (Scudo blu, ripetuto tre volte).[5]
Assieme alla convenzione venne introdotto anche un Regolamento (definisce le regole per l'iscrizione nel registro internazionale dei beni culturali sotto protezione speciale) ed un Protocollo (stabilisce le norme che impediscono l'esportazione illecita di beni dal territorio occupato e regolano le richieste di restituzione una volta cessate le ostilità). Il Secondo Protocollo alla convenzione venne poi approvato nel 1999 con lo scopo di migliorare la protezione ed istituire una protezione rinforzata per alcuni tipi di beni culturali. Riguardo ai beni culturali nell'ambito internazionale, si e progressivamente venuta a formare una distinzione tra la tutela in tempo di guerra e la tutela in tempo di pace.[6] Mentre la prima venne introdotta nei testi dei regolamenti militari gia secoli fa, la seconda fece la propria apparizione con il diffondersi dell'idea, che gli Stati debbano poter proteggere i propri beni culturali ancora prima che il conflitto abbia inizio, per poter avere una tutela efficace. Durante la prima guerra mondiale si e constatato infatti, che i monumenti hanno subito danni molto più gravi nei Paesi in guerra dall'inizio, che in quelli subentrati nel conflitto più tardi, avendo questi più tempo per prepararsi.
In tempo di pace sono attuali principalmente i problemi in campo di traffico illecito di opere d'arte, di restituzione dei beni trafugati o illecitamente esportati e della protezione di patrimoni culturali specifici (archeologico, sommerso, ecc.). In ordine cronologico queste problematiche vengono affrontate dai seguenti documenti internazionali:
- 1969: Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico
- 1970: Convenzione UNESCO sui mezzi per impedire e vietare l'importazione, l'esportazione e il trasferimento illecito di beni culturali
- 1972: Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale- 1982: Convenzione di Montego Bay sulla protezione del patrimonio culturale sommerso
- 1985: Convenzione per la salvaguardia del patrimonio architettonico d'Europa
- 1995: Convenzione UNIDROIT sui beni culturali rubati o illecitamente esportati
- 2001: Convenzione UNESCO sul patrimonio culturale sommerso
- 2001: Dichiarazione sul patrimonio culturale sottomarino del Mar Mediterraneo
[1] Ravasi, Il patrimonio…185[2] Albano, Legislazione…29[3] Ravasi, Il patrimonio…186[4] Petrič, Mednarodno…8[5] Ravasi, Il patrimonio…191[6] Petrič, Mednarodno…8
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