»Potremo saldare il nostro debito con il passato solo se riusciremo ad
essere creditori del futuro.«

Federico Mayor Zaragoza

28 mar 2011

CULTURAL NATIONALISM AND CULTURAL INTERNATIONALISM

J. H. Merryman, a professor at Stanford University, speaks of two schools of thought on cultural heritage.

The first of these two schools affirms the principle of cultural nationalism, considering the cultural heritage as an integral part of national cultural heritage. The assets have national characteristics, regardless of ownership or the place where they are. This theory implies the need not to release the national wealth from the ground (unless it is accompanied by special permission), and to request the return of stolen assets. This ancient concept of "national-ethnic" was once widely followed and consists of the common language, traditions, religion and beliefs that are peculiar to each people and characterizing it as a way of relating to nature and to others. Although the idea is not 'never been completely abandoned, the conventions have moved away from this idea, as would have enabled the realization of international cooperation is very limited and thus largely useless.
The second theory comes instead from international culture. Cultural heritage is understood as part of the common culture of the human species. No importance is given to the source, the current location of the property or property rights and national jurisdiction. Internationalism cultural heritage of providing care at three levels: the preservation, integrity and accessibility of goods.
The idea of ​​internationalism and cultural 'already present' in the Convention for the Protection of Cultural Property in the Event of Armed Conflict of 1954, while in more recent documents, and may encounter more and more the dominance of nationalism.Even UNESCO, because of increases in the Member States called "source nations", has changed its position in favor of cultural nationalism.
Merryman defines cultural nationalism as a vestige of the romanticism of the nineteenth century, giving the example of the refund application by Greece of the Elgin Marbles. The English Lord Elgin has been removed, between the years 1801 and 1812, the marble sculptures from the Parthenon, then transporting them to England. Since 1816 the sculptures in the collection of the British Museum under the name The Elgin Marbels. The Greeks have requested a refund, because the removal of the marbles would have seriously damaged a monument of immeasurable value.The first official request was submitted in 1983, arousing great interest among the public.
Accept the principle of restitution would create a dangerous precedent for all museums and private collections in the world, especially for major European and American museums. The Greek request was officially rejected by the British Government in 1984.
Marryman disagrees with the request of Greece, declared without foundation. All steps of transferring property, the removal of the Parthenon marbles to their sale to the British Museum, would take place following all the rules in force at that time.Cultural nationalism, always in his view, demonstrates the fundamentals of doubtful value, being conceived on patriotism and emphasizing only the interests of national scope. A well made in a given territory, not 'automatically and inextricably linked to it.
However, there are 'dissenting opinions also supporting the request to return the marbles to Greece. Some evidence would suggest that Lord Elgin had not actually 'bought the marbles, but that they had obtained by bribing the authorities' Greek era.At the same time, 'You can ask questions on the legitimacy' of transactions made by the authorities 'then, since' Greece was at that time was under the rule of the Ottoman Empire, which means that decisions on cultural heritage were the occupancy.Nowadays quite common to hear the various governments and their respective nations to apologize for past actions, potentially including legal at the time that modern view are totally inappropriate. For this reason it is expected that the British Museum's ancient remedies for errors. It had always said that Greece did not have adequate facilities to store the marbles, which was totally denied by the inauguration of the new Acropolis museum. Many hope that the British Museum will be able to 'one day follow the example of Italy, which has returned to the nation a piece of marble, long exposed in the Salinas Museum in Palermo.

NAZIONALISMO ED INTERNAZIONALISMO CULTURALE


J. H. Merryman, professore dell'Università di Stanford, parla di due scuole di pensiero riguardanti i beni culturali.

La prima di queste due scuole afferma il principio del nazionalismo culturale, considerando i beni culturali come parte integrante del patrimonio culturale nazionale. I beni avrebbero delle caratteristiche nazionali, indipendentemente dal diritto di proprietà o dal luogo dove si trovano. Questa teoria implica l'esigenza di non far uscire il patrimonio dal suolo nazionale (tranne se accompagnato da un permesso speciale), e di richiedere la restituzione del patrimonio sottratto.[1] Questa antica concezione »nazionale-etnica« era un tempo largamente seguita e consiste nel fondo comune di lingua, di tradizioni, di religione e di credenze che sono proprie di ciascun popolo e che lo caratterizzano nel suo modo di rapportarsi alla natura e agli altri. Anche se l'idea non e’ mai stata del tutto abbandonata, le convenzioni si sono allontanate da questa concezione, siccome avrebbe permesso la realizzazione di forme di cooperazione internazionale molto limitate e con ciò perlopiù inutili.[2]

La seconda teoria nasce invece dall'internazionalismo culturale. I beni culturali sono intesi come componente della cultura comune della specie umana. Nessuna importanza viene data alla provenienza, alla posizione attuale del bene o al diritto di proprietà e alla giurisdizione nazionale. L'internazionalismo culturale si cura di provvedere al patrimonio su tre livelli: la conservazione, l'integrità e l'accessibilità dei beni.

L'idea dell'internazionalismo culturale e’ presente gia’ nella Convenzione per la salvaguardia dei beni culturali in caso di conflitto armato del 1954, mentre nei documenti più recenti e possibile riscontrare sempre più spesso il predominio del nazionalismo. Addirittura l'UNESCO, a causa dell'incremento degli Stati membri detti »source nations«, ha modificato la propria posizione a favore del nazionalismo culturale. [3]

Merryman definisce il nazionalismo culturale come un residuo del romanticismo del XIX Secolo, fornendo l'esempio della richiesta di restituzione da parte della Grecia dei marmi di Elgin. Il Lord inglese Elgin ha asportato, tra gli anni 1801 e 1812, delle sculture marmoree dal Partenone, trasportandole poi in Inghilterra. Dal 1816 le sculture fanno parte della collezione del British Museum con il nome di The Elgin Marbels. I greci hanno fatto richiesta di restituzione, poiché la rimozione dei marmi avrebbe seriamente danneggiato un monumento di valore inestimabile. La prima richiesta ufficiale fu inoltrata nel 1983, suscitando enorme interesse nell'opinione pubblica.

Accettare il principio di restituzione avrebbe creato un precedente pericoloso per tutti i musei del mondo e le collezioni private, specialmente per i grandi musei Europei e Americani. La richiesta della Grecia fu ufficialmente respinta da parte del Governo inglese nel 1984.

Marryman non condivide la richiesta della Grecia, dichiarandola senza fondamento. Tutti i passaggi di trasferimento di proprietà, dalla rimozione dei marmi dal Partenone alla loro vendita al British Museum, sarebbero avvenuti rispettando tutte le norme in vigore in quel periodo. Il nazionalismo culturale, sempre a suo avviso, dimostra fondamenti di dubbio valore, essendo concepito su sentimenti patriottici ed accentuando solo interessi di portata nazionale. Un bene, realizzato in un dato territorio, non e’ automaticamente ed indissolubilmente legato ad esso.[4]

Esistono pero’ anche pareri contrari che appoggiano la richiesta di restituire i marmi alla Grecia. Alcune testimonianze farebbero intendere che Lord Elgin non avesse in realta’ acquistato i marmi, ma che li avesse ottenuti corrompendo le autorita’ greche dell’epoca. Allo stesso tempo e’ possibile porsi delle domande sulla legittimita’ delle transazioni fatte dalle autorita’ di allora, poiche’ la Grecia era in quel periodo era sotto il dominio dell’impero Ottomano, il che vuol dire che a prendere decisioni sui beni culturali erano gli ocupatori. Oggigiorno e abbastanza comune sentire i vari governi e le loro rispettive Nazioni chiedere scusa per azioni passate, potenzialmente anche legali all’epoca, che nell’ottica moderna risultano totalmente indebite. Per questo motivo ci si aspetta che anche il British Museum rimedi ai propri antichi errori. Quest’ultimo ha infatti sempre sostenuto che la Grecia non disponesse di strutture idonee per conservare i marmi, il che venne totalmente smentito dall’inaugurazione del nuovo museo dell’Acropoli. In molti sperano che il British Museum potra’ un giorno seguire l’esempio dell’Italia, la quale ha restituito alla nazione un pezzo dei marmi, a lungo esposto nel museo Salinas di Palermo.[5]


[1] M. Petrič, Mednarodno pravno varstvo kulturne dediščine, n.d., str. 6
[2] A.  Albano, A. Lanzaro, M. L. Pecoraro, n.d., str. 18
[3] M. Petrič, Mednarodno pravno varstvo kulturne dediščine, n.d., str. 7
[4] Več o tem: M. Petrič, Magistrska naloga, n.d., str. 28-32
[5]              Disputa Marmi di Elgin, http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/?id=3.0.3448741142

25 mar 2011

LA TUTELA DEL PATRIMONIO CULTURALE IN AMBITO INTERNAZIONALE

 

Il Diritto internazionale e’ un sistema di norme e principi fondamentali, con i quali vengono definiti i diritti ed i doveri dei soggetti nei loro rapporti reciproci nell'ambito della comunità internazionale.[2] Nel caso il contenuto di tali rapporti riguardi la tutela del patrimonio culturale, e’ possibile parlare di legislazione internazionale della tutela dei beni culturali.

In ogni sistema giuridico, i soggetti sono portatori di diritti e doveri, che vengono loro riconosciuti dal sistema stesso. Inoltre, i soggetti devono avere anche la capacita’ di assolvere ai propri doveri e di esigere il rispetto dei propri diritti. I soggetti del diritto internazionale agiscono secondo le norme del diritto internazionale e sono allo stesso tempo direttamente sottomessi ad esso.[3]


[1] Il Patrimonio dell'Umanita, Volume 1, Istituto Geografico De Agostini, UE, 1999, str. IX
   Federico Mayor Zaragoza –Generalni direktor UNESCO 1987 to 1999
[2] Turk, Danilo, Temelji mednarodnega prava, Založba GV, Ljubljana, 2007, str. 19
[3] M. Petrič, Mednarodno pravno varstvo kulturne dediščine, n.d., str. 5

LA STORIA DEI BENI CULTURALI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE

  
»Statuae nec in toto mutae sunt, quando a furibus percussae custodes videntur tintinnibus ammonere.«. Cassiodoro (Variae VII, 13)

La storia dei beni culturali e indissolubilmente legata a quella... delle guerre e dei conflitti armati. Se da un lato le guerre rappresentavano un mezzo per l'ampliamento del territorio nazionale e la neutralizzazione di popoli nemici, le ritorsioni contro i beni culturali di questi ultimi avevano una valenza principalmente simbolica ed economica. Deturpare i segni di una cultura significava esprimere il proprio disprezzo e superiorità nei suoi confronti. Oltre a ciò, il patrimonio culturale del paese vinto e occupato rappresentava il bottino di guerra dei vincitori e parte della ricompensa per i soldati. 


Prima dell'ottocento, i beni culturali di valore (in oro o in argento) e le opere d'arte erano soggetti a preda bellica, danneggiati nei combattimenti o usati come risarcimento dei danni di guerra.[1] L'interesse da parte della Comunità internazionale nei confronti dei beni culturali e perciò maturato parallelamente al susseguirsi dei conflitti e dei loro effetti devastanti. La disciplina della protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato e stata codificata in varie convenzioni, dalla fine dell'ottocento fino ai nostri giorni.[2] 


Nel 1833 fu emesso il regolamento piemontese Albertino (di re Carlo Alberto) e nel 1863 negli Stati Uniti le Lieber's instructions. Questi due documenti non si occupano sostanzialmente della difesa dei beni culturali come di una categoria speciale e a parte, introducono pero alcuni principi fondamentali da osservare durante i conflitti (per es. il divieto di saccheggio) che serviranno più avanti come modello ai regolamenti militari di molti paesi d'Europa. Lo zar Alessandro II di Russia nel 1874 aveva ripreso, infatti, proprio le Lieber's Instructions nella Dichiarazione di Bruxelles, proponendo che tutti i regolamenti militari dei popoli civili da lì in avanti adottassero quelle norme, entrate poi nel diritto consuetudinario della guerra. I tempi per un tale progetto non erano ancora maturi e nessun capo di Stato europeo volle essere il primo a firmare la Dichiarazione senza l'assicurazione di rigide condizioni di reciprocità. Fu invece istituito un comitato internazionale di giuristi, incaricato di studiare le regole della guerra da proporre ai regolamenti militari. I lavori del comitato si conclusero nel 1880 con il Manuale di Oxford riguardante le leggi e gli usi della guerra terrestre, destinato a fare da esempio per i futuri regolamenti in materia.[3] 


Il 29 luglio 1899 venne approvata la Convenzione dell'Aja sugli usi della guerra terrestre, che prevedeva l'obbligo di provvedere con misure di sicurezza adeguate alla salvaguardia di edifici consacrati (ai culti, alle arti ed alle scienze) e di monumenti storici, se non venivano al contempo usati per scopi militari. La convenzione proibiva categoricamente ogni furto, saccheggio o razzia e vietava di attaccare o bombardare centri urbani privi di difese.[4] Ben 55 anni più tardi venne approvata la Convenzione dell'Aja per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato (il 14 maggio 1954), che introdusse tre nuovi concetti: Il bene culturale non appartiene né allo Stato né all'individuo che lo detiene, ma all'umanità intera e per essa deve essere protetto e conservato;il bene culturale non e più oggetto di saccheggio o moneta di scambio (per il pagamento dei danni di guerra), ma e anch’esso una vittima della guerra;il bene culturale deve essere identificato con una segnaletica internazionale unificata (Scudo blu, ripetuto tre volte).[5] 


Assieme alla convenzione venne introdotto anche un Regolamento (definisce le regole per l'iscrizione nel registro internazionale dei beni culturali sotto protezione speciale) ed un Protocollo (stabilisce le norme che impediscono l'esportazione illecita di beni dal territorio occupato e regolano le richieste di restituzione una volta cessate le ostilità). Il Secondo Protocollo alla convenzione venne poi approvato nel 1999 con lo scopo di migliorare la protezione ed istituire una protezione rinforzata per alcuni tipi di beni culturali. Riguardo ai beni culturali nell'ambito internazionale, si e progressivamente venuta a formare una distinzione tra la tutela in tempo di guerra e la tutela in tempo di pace.[6] Mentre la prima venne introdotta nei testi dei regolamenti militari gia secoli fa, la seconda fece la propria apparizione con il diffondersi dell'idea, che gli Stati debbano poter proteggere i propri beni culturali ancora prima che il conflitto abbia inizio, per poter avere una tutela efficace. Durante la prima guerra mondiale si e constatato infatti, che i monumenti hanno subito danni molto più gravi nei Paesi in guerra dall'inizio, che in quelli subentrati nel conflitto più tardi, avendo questi più tempo per prepararsi. 


In tempo di pace sono attuali principalmente i problemi in campo di traffico illecito di opere d'arte, di restituzione dei beni trafugati o illecitamente esportati e della protezione di patrimoni culturali specifici (archeologico, sommerso, ecc.). In ordine cronologico queste problematiche vengono affrontate dai seguenti documenti internazionali:
- 1969: Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico
- 1970: Convenzione UNESCO sui mezzi per impedire e vietare l'importazione, l'esportazione e il trasferimento illecito di beni culturali
- 1972: Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale- 1982: Convenzione di Montego Bay sulla protezione del patrimonio culturale sommerso
- 1985: Convenzione per la salvaguardia del patrimonio architettonico d'Europa
- 1995: Convenzione UNIDROIT sui beni culturali rubati o illecitamente esportati
- 2001: Convenzione UNESCO sul patrimonio culturale sommerso
- 2001: Dichiarazione sul patrimonio culturale sottomarino del Mar Mediterraneo


[1] Ravasi, Il patrimonio…185[2] Albano, Legislazione…29[3] Ravasi, Il patrimonio…186[4] Petrič, Mednarodno…8[5] Ravasi, Il patrimonio…191[6] Petrič, Mednarodno…8